La crisi spacca l’Italia a metà. Nel 2013 il Pil è calato dell’1,9%, mentre al Sud è crollato in misura doppia: -4%. Primato negativo anche sul fronte dell’occupazione che l’anno scorso è diminuita a livello nazionale dell’1,9%: nel Mezzogiorno è scesa addirittura del 4,5%.
È quanto emerge da un report dell’Istat reso noto contestualmente alla pubblicazione dei nuovi dati relativi al 15/o Censimento della popolazione e delle abitazioni che confronta i dati del 2011 con il 2001. Cambiano i modelli familiari e gli stili di vita, ma la questione meridionale resta sempre d’attualità.
La fotografia scattata dall’Istat non lascia spazio alle interpretazioni. L’anno scorso nel Nord Ovest la riduzione del pil è stata “decisamente” meno marcata rispetto alla media nazionale (-0,6%), poco meno intensa nel Nord Est (-1,5%) e in linea con il dato nazionale nel Centro (-1,8%). Nel Mezzogiorno risultati particolarmente “negativi” – spiega l’Istat – si registrano sia per l’industria che per i servizi, con una caduta del valore aggiunto, rispettivamente, dell’8,3% (rispetto al 3,9% nazionale) e del 3,1%. L’agricoltura ha segnato un calo “moderato” pari allo 0,3%.
Lo stesso trend si registra sul fronte dell’occupazione: al Sud va in picchiata (-4,5%), nel Nord Ovest scende dello 0,3%, mentre Nord Est e Centro mostrano cali, rispettivamente dell’1,6% e dell’1,2%. Maggiori disparità territoriali si registrano per l’occupazione del settore industriale. Il calo è particolarmente pronunciato nel Mezzogiorno (-7,7%) e più contenuto nelle regioni del Centro (-0,7%).
Nelle regioni del Nord la riduzione di occupazione nell’industria è pari a -3,5% nel Nord Est e a -2,9% nel Nord Ovest.
A livello nazionale, nell’arco del decennio 2001-2011, gli occupati sono aumentati (passando dal 42,9% al 45%) di pari passo con l’aumento della forza lavoro (dal 48,6% al 50,8%) e il calo degli inattivi (dal 51,4% al 49,2%). La presenza di occupati di rafforza nella fascia 35-44 anni (circa uno su tre) e soprattutto nelle classi 45-54 (+30,4%) e 55-64 (+57,5%). A questo dato si contrappone la contrazione nelle fasce di età giovani di 15-24 anni (-22%) e 25-34 (-18,4%), frutto sia del calo delle nascite sia della crisi che ha colpito in particolare i giovani. Su 23.017.840 occupati, la componente straniera incide per l’8,2%.
Il confronto dei dati con il precedente censimento mostra anche la nuova morfologia della famiglia italiana. Rispetto al 2001, sono quasi raddoppiati i nuclei con una persona sola (+41,3%) e c’è stato un boom di famiglie dove risiede almeno uno straniero (+171,9%). In aumento anche quelle composte da persone che non hanno alcuna relazione di coppia o del tipo genitore-figlio (+39,1%). Nell’arco di dieci anni sono aumentate anche le coppie non sposate: sono l’8,9% del totale contro il 3,6% di dieci anni prima (da 510.251 a 1.242.434). Il fenomeno è più marcato nell’Italia settentrionale (10%) e centrale (9,4%) e più contenuto al Sud (5,2%) e nelle isole (6,3%).
In crescita anche le coppie che non hanno figli. Sono il 62,6% del 2011 contro il 66,1% del 2001. Il calo maggiore si registra in Sardegna (-7%), Trentino Alto-Adige, Puglia, Veneto, Friuli Venezia Giulia e Calabria (oltre -4%).
Il 47,5% delle coppie con figli ha solo un figlio, il 41,9% ne ha due e il 10,6% tre o più. Nell’ultimo censimento sono state rilevate 7.513 coppie dello stesso sesso che vivono insieme. Un dato “sottostimato perché raccoglie solo quelle persone che hanno scelto di dichiarare la loro relazione affettiva e la loro convivenza”.
Sul fronte abitativo, una famiglia su tre (30,8%) vive in una casa con quattro stanze. La percentuale sale nelle isole maggiori (41,7%). Mezzo milione di famiglie (2%) vive in un monolocale. I dati diffusi nel dicembre 2013 confermano la peculiarità tutta italiana: il 72,1% delle famiglie ha una casa di proprietà, e nel 93,3% dei casi si tratta di una casa intestata ad una persona fisica.
Anna Rita Rapetta, La Sicilia
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