“Cantine aperte” oggi anche in Sicilia. Un’occasione per avvicinare gli “enonauti” direttamente alla fonte delle meraviglie vinicole prodotte nell’Isola. Venticinque le aziende che faranno conoscere la loro produzione. E’ l’Etna l’area che da qualche tempo raccoglie i punteggi più alti tra gli esperti. Non a caso è chiamata “la Borgogna d’Italia”.
Sono ben sei, infatti, le aziende etnee (3 di Castiglione di Sicilia, 2 di Linguaglossa e una di Trecastagni) che hanno aderito all’iniziativa, a cui si aggiuge un’altra di Caltagirone. Le province di Palermo, Trapani, Agrigento e Siracusa aderiscono con quattro cantine ciascuna, quelle di Enna e Messina con una.
Nonostante la crisi, il vino siciliano – almeno quello di qualità – gode di buona salute. L’export non ha subìto danni eccessivi. «Chi, tra le aziende, ha puntato sulla fascia medio-alta – spiega Antonio Rallo, presidente di Assovini Sicilia (66 aziende socie, l’80% del vino imbottigliato nell’Isola, il 42% destinato al mercato nazionale, il 58 all’estero, 250 milioni di euro il fatturato nel 2011) – non ha risentito molto della crisi, nonostante il calo dei consumi in Italia. E’ andato meglio l’export. Anche la Doc Sicilia ha registrato buoni risultati. Aumenta l’imbottigliato, le cantine sociali cominciano a crederci, la certificazione della produzione dà i suoi frutti».
In effetti con la Doc Sicilia nel 2013, il primo anno di vita, sono stati certificati quasi 120mila ettolitri di vino su quasi 213mila del totale di tutte le Doc siciliane, parti quindi al 56,3%. Si tratta di 16 milioni di bottiglie etichettate con il marchio siciliane. Due terzi sono state imbottigliate in Sicilia e un terzo fuori dall’Isola. Per quanto riguarda gli imbottigliamenti con marchio Igt, sempre nel 2013, l’indicazione geografica ha riguardato circa 1,3 milioni di ettolitri di vino, l’80% con il marchio Terre Siciliane e il resto con quello di Sicilia Igt.
La certificazione garantisce il consumatore per quanto riguarda la qualità e il viticoltore per quanto riguarda il prezzo dell’uva.
Da questa logica resta fuori il “mare magnum” del vino sfuso. «La Sicilia – continua Antonio Rallo – è una grande terra di vini. La produzione, tra il 2011 e il 2013, è aumentata del 33%. Ma è aumentata di altrettanto nel resto del mondo. E’ aumentata l’offerta ed è diminuita la domanda. Da qui il calo dei prezzi. La Sicilia vitivinicola viaggia a due velocità: chi, 30, 20 o 10 anni fa ha investito nella qualità resta nel mercato, chi non l’ha fatto, invece, ha grandi problemi da affrontare».
C’è una soluzione? «La Sicilia – risponde il presidente di Assovini – è condannata a produrre qualità legata al territorio e alle proprie varietà per distinguersi dal resto del mondo. Bisogna giocare bene questa partita per battere la concorrenza sui mercati. Con le poche risorse disponibili, la Regione deve puntare, con una promozione internazionale intelligente, al binomio inscindibile vino-territorio, al turismo enologico e culturale di alto livello. La Sicilia può farcela. Anche con le vendite. Come Assovini lo abbiamo già dimostrato: solo i vini della Sicilia sono facilmente reperibili nelle enoteche di tutte le altre regioni d’Italia». Giorgio Petta la sicilia
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