Primo guaio politico per il segretario del Pd, Matteo Renzi. Problemi che arrivano dalla Sicilia.
Il componente della sua segreteria, il ministro del Welfare del suo “governo ombra”, Davide Faraone è infatti coinvolto nelle “spese pazze” dell’Ars.
Già coinvolto in un video di Striscia la notizia in un brandello ambiguo di campagna elettorale, adesso il «renziano più renziano di Renzi» si trova nella stessa gabbia del fantasmagorico zoo dell’Ars, coinvolto nell’inchiesta sull’uso illecito dei fondi dell’Ars.
Nello specifico, l’accusa per Faraone di avere «richiesto ed ottenuto dal Gruppo Pd, il pagamento di spese ad egli riconducibili, attraverso indebiti anticipi sul contributo portaborse a lui spettante, per complessivi 2.149,10 euro”, di avere «richiesto ed ottenuto dal gruppo Pd, il pagamento di spese personali, attraverso indebiti anticipi sul contributo c. d. portaborse a lui spettante, per complessivi 500 euro».
Infine all’ex deputato regionale, oggi parlamentare nazionale, i pm contestano di avere «richiesto ed ottenuto dal Gruppo Pd il pagamento e/o il rimborso di spese, indebitamente sostenute attraverso l’utilizzo di fondi attinti dal contributo unificato del gruppo, definite come iniziative politiche ma, di fatto, inerenti a proprie spese personali, per l’importo complessivo di 3.380 euro».
Faraone si difende: «Sono indagato per un importo di 3.300 euro e posso dimostrare che si tratta di soldi spesi per attività politica». A Roma si vocifera di un Renzi dibattuto sul da farsi, tentato di tagliare la testa al toro. E anche a Davide. Che, assicurando di «non essere affatto preoccupato», non a caso, oltre alla «fiducia» di rito su Finanza e pm, rilancia: «In ogni caso se mi accorgessi che la mia vicenda è di ostacolo o danneggi il Pd non esiterei a fare un passo indietro».
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