«Ecclesiae intra muros peccatur, peccatur et extra! »: è un motto tradizionale della patristica cattolica: «Si pecca entro le mura della chiesa, si pecca anche fuori». Un aggiustamento retorico basta a farne efficace rappresentazione del presente caos politico.
Quasi non fossero conseguenza dell’ostinazione di Napolitano per tenere in vita le intese che hanno finito così di far macerie di un Paese distrutto da Monti (e Squinzi ha potuto parlare di un’Italia in rovina come dopo una guerra!), le ultime vergogne sono senza pudore imputate agli innocenti e “responsabili” presidenti delle Camere e a Letta (ora anche vittima, non più solo eroe): Renzi era stato appena incoronato, e chiese dopo la denuncia dei “grillini” che si cancellasse la misura intesa a punire quei poteri locali che avessero contrastato le pubbliche scommesse (che ne facciamo del Lotto?) e la lebbra delle slot-machines.
Poi, e son sempre i “grillini” (sfascianti!) a denunciare il Salva Roma, diventato – nella complice distrazione del governo – un vaso di Pandora. Ma la nuova segreteria del Pd insiste nel manifestare disagio (col pasticcio Imu è la beffa degli aumenti “eccezionali” a professori e bidelli), e Napolitano si precipita in soccorso.
Ma che si aspetta? Quel che stupisce non è la capace scialuppa di Napolitano che “consiglia” (ah! il fine politico) il ritiro del Salva Roma, in tempo per accogliere e portare a riva i naufraghi del governo, ma la rinuncia alle dimissioni costituzionalmente dovute di un governo incapace, cialtrone, furbastro.
Dov’è stato in quelle settimane il ministro per i Rapporti con il Parlamento, l’ora renziano Franceschini? Dove era Fassina, a suo tempo “recuperato” per coordinare le vicende parlamentari dell’economia? Il governo lascia decadere un decreto su cui ha chiesto e avuto la fiducia: nessuno della maggioranza lo aveva letto? E Della Vedova non ha fatto in tempo per avvertire Monti, e quel che resta dell’esercito liberal-liberista del bocconiano?
Ora, «a render l’esecutivo più forte, più rigoroso, più puro», soccorre il Mille Proroghe, solitamente il percolato delle ecoballe, presentato come lievito o concime per avere i voti dei “responsabili”. Berlusconi li comprava quei responsabili, Napolitano e Letta sono impegnati a “confortare” gli orfani del Porcellum e frattanto annunciano riforme che non riformano, e coprono sprechi che continuano a nutrire i tanti politici da ingrasso.
Il governo Monti fu un’accozzaglia di incompetenti, e di doctrinaires che fecero rovine e aggiunsero – in una stupidità contagiosa (ogni pseudo-scienziato porta offesa… a Galilei!) – al disastro Berlusconi i loro privati comodi e favori. Con il governo Letta, che ha il costo aggiunto del “governo politico”, siam giunti al punto che nessuno crede più ad annunci e promesse, e ancor meno agli oroscopi di Saccomanni (ogni rispetto per i profeti non va comunque esteso agli astrologi).
Che non è certo il solo che urge rispedire a casa o al ruolo ove la carriera ancora glielo riconosce.
Che farne di ministri come Giovannini o di Delrio, di Lupi o dei ministri dell’Ambiente o della Semplificazione? Suggerivo nei mesi scorsi che Alfano traducesse a Lupi (regalo di Natale) “La Triplici Allianza” di Martoglio, ov’è il grandioso ingresso a Berlino di Depretis e di re Umberto con una temibile flotta: un precedente per portare sulle Alpi contro i terroristi No Tav flotta e carri armati.
Si sarebbe opposto Mauro, eroico leader dell’Italia mediterranea ed afgana, ora impegnato a porre in vendita la cittadinanza ad immigrati pronti a farsi carne da macello (la nuova via per convertire all’amor di patria che traballa!). Nessuna concorrenza dalla simpatica e inutile Kyenge che continua a scrivere decreti e leggi per Twitter. Ed i renziani aspettano per consentire un inutile galleggiamento l’inutile rimpasto. Letta prova difendere la squalificata congerie di incompetenti e incapaci dietro una intesa sul programma. Ha già trovato il titolo.
Mancano prove e pasticci e vergogne?
Il caso limite, se un rimpasto ci sarà, resta comunque quello della Carrozza, che se ne sta tranquilla a gestire le riforme Profumo-Gelmini. L’università è stata distrutta: Napolitano dichiara di aver temuto una sortita della Consulta sul pasticcio male-odorante del Salva-Roma, dopo la liquidazione senza appello del Porcellum che fu inventato per garantire governabilità e stabilità.
Appartiene ad un Paese politicamente e istituzionalmente decente la norma che affida ad un rettore il diritto di nominare intuitu il Consiglio di amministrazione?
E l’altra che disarticola le facoltà ponendo al loro posto i dipartimenti, un istituto introdotto anni fa per dar consistenza alla ricerca, e chiamato – attraverso un demeziale sistema di “crediti” – a gestire un esamificio esposto (si apprende) a sollecitazioni, favori, affari. Ora a minacciar frana è lo strato alto di una torta pencolante: questa indecente furbata – messa in piedi dagli intrighi incompetenti dell’Anvur, e gestita da 183 commissioni chiamate a giudicare candidati in molti casi più maturi e competenti dei commissari “eletti” con procedure tutt’altro che trasparenti.
Un consiglio, che è un mite desiderio?
Napolitano chieda, ora che ha in mano una scopa, che quest’ultima operazione stupida e inutile, prima di esser travolta dai Tar, venga ritirata e non riproposta senza una seria riflessione, e sugli obiettivi e sulle procedure – in una con la prospettiva non cialtronesca di restituire agli atenei quella ricerca che Profumo ha voluto riservare al carrozzone del suo Cnr.
L’ennesimo pasticcio, l’ennesima vergogna produrrebbe valanghe di vomito… in una vigilia elettorale europea vieppiù densa di incognite politiche e morali.
Giuseppe Giarrizzo ls
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