Al Senato. Voto favorevole di Pdl, Pd e Scelta Civica, mentre M5S, Lega e Sel non hanno partecipato alla votazione.
Sì definitivo dell’Aula del Senato al decreto legge che contiene le misure per il contrasto del femminicidio. Il testo è stato approvato a Palazzo Madama con 143 sì e 3 no. Lega, Movimento 5 Stelle e Sinistra ecologia e libertà non hanno partecipato al voto. Malumori tra i senatori che sono stati costretti ha votare a ridosso della scadenza e quindi in condizione di non potere apportare alcuna modifica al testo.
Con una votazione a tempo di record – il provvedimento, infatti, scadeva il 14 ottobre – che ha destato malumori nell’opposizione come nella maggioranza, le nuove norme ora sono pronte per essere promulgate dal presidente della Repubblica e pubblicate in Gazzetta ufficiale.
Il presidente del Consiglio, Enrico Letta, esprime la sua soddisfazione con un tweet: «Il Senato ha convertito in legge il decreto del governo sul # femminicidio dopo un intenso e positivo lavoro. E’ un giorno davvero importante! ».
Il decreto sul femminicidio approvato in via definitiva dal Senato è quello uscito dalla Camera e lì profondamente modificato dalle commissioni Affari costituzionali e Giustizia. Il Senato, visti i tempi ristretti, non ha potuto apportare modifiche e tutta l’Aula ha protestato e ha messo in evidenza alcuni “pasticci” del testo.
Il provvedimento spinge sul tasto della repressione, arricchendo il codice di nuove aggravanti, e amplia al contempo le misure a tutela delle vittime di maltrattamenti e violenza domestica. Il nuovo testo, inoltre, mette in campo risorse finanziarie un Piano d’azione antiviolenza e la rete di case-rifugio. Il decreto, peraltro, reca anche norme penali di altro genere che intervengono su reati come la rapina o il furto.
La presidente della commissione Affari costituzionali, Anna Finocchiaro (Pd), ha criticato «la presenza di norme disomogenee» nel decreto legge «in violazione dei principi della Costituzione. E’ l’ultima volta che accettiamo qualcosa del genere: intendiamo seguire la Costituzione con l’articolo 77 e i numerosi richiami all’omogeneità dei decreti lanciati da Quirinale». Il capogruppo del Pdl, Renato Schifani ha ammonito. «Ci sono pochi precedenti di decreti in prima lettura mandati al Senato alla vigilia della scadenza. Non si verifichi più».
Il presidente Piero Grasso ha messo fine alle polemiche: «Dobbiamo anche fare un po’ di autocritica – ha detto – cerchiamo di mandare anche noi i provvedimenti in tempo utile alla Camera per consentirle di avere i tempi giusti per valutarli».
«Siamo davanti all’alternativa se convertire un testo che ci è arrivato il 9 ottobre e scade il 14 malgrado ci siano degli errori o lasciarlo decadere – ha detto prima del voto il presidente della commissione Giustizia, Francesco Nitto Palma (Pdl) -. Se decideremo di convertirlo la prossima settimana provvederemo ad inserire delle modifiche nel testo che stiamo esaminando sulla stessa materia in commissione. Qui siamo davanti al primo intervento di legislazione in materia penale fatto con un decreto legge».
Mentre i senatori di Sel hanno giustificato la loro astensione con Cinque Stelle sostenendo di non condividere il provvedimento che sembra un nuovo «pacchetto sicurezza e un fritto misto», con misure relative alla vigilanza della Tav, ai vigili del fuoco e alla Protezione civile.
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