L’assemblea nazionale del Pd, che doveva ratificare un’intesa sulle regole per dare l’avvio al percorso congressuale, si trasforma nel giorno del sospetto, del tutti contro tutti, dello scaricabarile reciproco.
Una sola (quasi) certezza: la data delle primarie nazionali, l’8 dicembre, confermata dal segretario, Epifani. L’intesa, faticosamente siglata dopo quattro mesi di lavoro alle tre del mattino dell’ultimo giorno utile, salta insinuando in Renzi il sospetto (innnanzitutto, verso i “bersaniani” e i “governativi”) che ci sia chi lavora con l’obiettivo di fermare la sua corsa e di rinviare il congresso a data da destinarsi anche per chiudergli eventuali finestre elettorali.
Tanto più che – raccontano – sarebbe stato proprio il commissario dell’area del premier, Dal Moro, ad avanzare perplessità su un’ipotesi di mediazione per evitare di far saltare l’accordo sulle modifiche allo statuto. Per questo, dall’area renziana si cerca, quantomeno, di “puntellare” le parole di Epifani che ha in due passaggi ribadito che le primarie si terranno l’8 dicembre e di evidenziare che ci sono tutti i margini per arrivarci pur con le procedure previste dall’attuale statuto.
Guardino in casa loro è, in pratica, la replica dei “bersaniani”, visto che il grimaldello che ha fatto saltare tutto è stata la contrarietà dei “bindiani”, dei “civatiani”, ma anche dei “veltroniani” (che sostengono la corsa di Renzi) alla modifica dello statuto sull’automatismo tra segretario e candidato premier.
Dall’area bersaniana si fa notare, poi, che il vero danneggiato dalla mancata modifica dello statuto è Enrico Letta che, a questo punto, senza una deroga, non potrebbe correre per eventuali primarie per palazzo Chigi.
Insomma, il caos è tanto sotto il cielo del Pd. Ed è con queste premesse che si va alla direzione convocata il 27 prossimo e che dovrà stabilire il regolamento congressuale (come previsto da statuto e indicato anche da Epifani). Per allora, è l’invito dei “bersaniani”, dalle parti di Renzi, della Bindi e di Civati («responsabili di quanto accaduto») si faccia una proposta di percorso congressuale. Va bene l’8 dicembre, dice anche Bersani, ironizzando «ma si può anche lavorare di notte… ». Il clima non è, dunque, dei migliori: tanto che c’è chi arriva a sussurrare la parola “scissione”.
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