V’ha un tratto della prima storia delle missioni gesuitiche che trovò nello scorso secolo attenzione e rilievo quando la questione meridionale tornò al centro della politica italiana: las Indias de aca – le Indie di qua – un mondo antico, la Sicilia ed il Sud d’Italia che abbisognavano, nel Cinquecento delle scoperte geografiche, di missioni e missionari al pari delle Indie d’Occidente e d’Oriente.
Un Papa gesuita, figlio di emigranti piemontesi nelle Indie d’Occidente, ripropone in un tempo travagliato come il nostro il ruolo di una Chiesa (cattolica) missionaria che è (ri) chiamata a portare giustizia e verità in terre e città prive di guide in un presente “senza futuro”.
Chierici e laici sono come travolti dal turbine della globalizzazione, che ha abbattuto le mura per secoli credute incrollabili degli Stati nazionali e cancellato il disegno, secolare ancor esso, dell’imperialismo post-coloniale. Non tocca a me, tecnicamente “infedele”, anticipare in idea un disegno che non ha ancora forma, e al quale guardano – in un impasto di scetticismo e di speranza – le folle scompaginate dei “fedeli”. Quel che importa è portare gli appelli di urgenza al centro di una scena, il “teatrino della politica”, occupata da un ceto politico di scarsa qualità e di nessuna competenza, attento in ogni modo a sopravvivere con i pennacchi dell’arroganza ed i parafernali del privilegio.
La mia generazione di meridionale ha provato a resistere alla profezia dell’ultimo Sciascia, che guardò la palma risalire dal Sud al Nord del Paese Italia, e scrisse così l’epigrafe del meridionalismo ormai retorico e piagnone. Da qualche tempo, e per mio conto fin dai primi anni Novanta del secolo scorso, quella profezia si era avverata: ci rassegnammo, chiedendo almeno una rivolta culturale che non c’è stata, e confidando in una deriva benefica dell’Europa cornucopia; ma quando è diventata matrigna, abbiamo dovuto prendere atto del declino manifesto nel succedersi di un ceto politico incapace, incompetente, senza idee, valori, progetti.
Da qui il dubbio se l’Italia, di cui Berlusconi era diventato il simbolo ed il protagonista del nostro degrado morale, potesse prender su di sé la sopravvivenza dell’Europa in attesa che questa le restituisse quella “ripresa” posta ingannevolmente alla fine di un tunnel sempre più buio. I fatti mostrano che quel percorso, che il presidente della Repubblica continua a tracciare sui fogli laceri della politica europea, non ha portato alla ripresa, e il Salva-Italia è un passepartout che apre solo porte virtuali, in un esercizio rovinoso il cui scopo è salvare il peggiore ceto politico della storia dell’Italia nazione.
Abbiamo la governabilità, non un governo, poco importa se di tecnici o di politici: e la diplomazia economica dell’on. Letta è l’ennesima versione della diplomazia “culturale” di Rutelli. Rivendichiamo nobili certificazioni, otteniamo resti del passato che poi non sappiamo – per incuria e spreco – valorizzare: non era meglio lasciare al Metropolitan la Venere di Morgantina in comodato d’uso, come lasciapassare per la grande Italia dell’arte d’ogni tempo che casca a pezzi? Eppure, ed il caso siciliano è forse il più scandaloso, abbacinati dalle pubbliche raccolte e dal loro potenziale turistico, non abbiamo operato nel promuovere – attraverso scienza e coscienza – a valore superiore, per noi e per gli altri, l’ambiente naturale lasciato alla tutela dei Bertolaso e alla ridicola e costosa Commissione grandi rischi. Ma siamo stati bravi a liquidare gli studiosi competenti in materia di Beni culturali…
Assicurate le governabilità di un’Europa di sensali, e di un’Italia di accattoni, senza governo non resta che invocare la missione di una Chiesa alla scoperta e alla denuncia, rinnovando l’appello a Napolitano perché ci risparmi omelie e anatemi e sollecitando reazioni del messaggio di Papa Bergoglio ai giovani di «porsi controcorrente». Che non è piccola cosa in un Paese di corrotti, di yes-men e di conformisti. Urge farlo tanto più di fronte alle bufale del ministro del Lavoro che promette ai “giovani” (under 30) un impiego per 2 milioni di senza-lavoro sol che possa disporre di 10 miliardi, anziché di uno.
Quanto alla finanza e alla politica dell’Ue, meglio lasciarla al salotto buono della Tv! Naturalmente non ignoro, né sottovaluto l’impegno delle chiese a far fronte come possono al diffondersi della povertà alimentare. Ma confido che le Indie di qua per le missioni che vogliono portare nel Sud depresso speranze e progetti, dignità e valori siano l’avvio consapevole ed ordinato della “ripresa”, che Napolitano e Letta hanno affidato a Berlusconi, l’arbitro del degrado che dovrebbe – ripresentato come vittima – dar forza all’Italia peggiore, quella che una magistratura finalmente decente scopre e porta a giudizio. Perché non affidare al Cav e al suo gregge la missione delle Indias de aca? Sarebbe il modo più rapido per aiutare il Mezzogiorno a scomparire. Ed è una profezia anche questa…
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