La Corte dei conti «Uno scenario preoccupante». Su ogni siciliano grava un debito di 1.077 euro.
Con molte critiche e riserve, le sezioni riunite della Corte dei conti, presiedute da Maurizio Maffeo, hanno dato il via libera alla parificazione del rendiconto generale della Regione per il 2012.
E va detto, a scanso di erronee interpretazioni tipiche del mondo politico, che la parificazione non sarebbe passata se, sia pure con procedura anomala, il giorno precedente il governo regionale non avesse annunciato un ddl per il ripristino del cosiddetto «fondo di disponibilità», nato nel 2001 (273 milioni 270 mila euro) per fronteggiare le conseguenze dei residui attivi inesigibili.
Ciò per mettere un freno alle spese prive di coperture dissimulate per dare risposte a finanziamenti impropri. A partire dal 2004, la prudenza nella gestione del «fondo di disponibilità», che serviva a colmare le minori entrate, è stata elusa fino a usare quei soldi per «fattispecie non coerenti con le finalità originarie». Quel fondo è stato azzerato col bilancio 2012. Quello dei residui attivi è stato il punto cruciale della relazione introduttiva del consigliere Carra e della requisitoria del viceprocuratore generale, Aronica.
La situazione finanziaria della Regione è ai limiti del dissesto, i magistrati contabili parlano di «scenario preoccupante». E certo non è il momento di andare alla ricerca di responsabilità che pur ci sono e sono pesanti. Il dato di fatto è questo e da qui bisogna partire. Non a caso il presidente, Dina, ha annunciato che l’ argomento sarà affrontato dalla commissione Bilancio il 2 luglio: «È urgente audire al più presto l’assessore all’Economia, Bianchi, in merito ai rilievi formulati dalla Corte sull’elevato livello dei residui attivi e della conseguente necessità di ripristinare, già all’interno del ddl di assestamento, la disponiblità del capitolo relativo al fondo, corrispondente alla quota non utilizzabile del maggiore avanzo accertato per un importo che si stima in 220 milioni».
Il presidente dell’Ars, Ardizzone, «pur comprendendo le difficoltà in cui si trova a operare, alla luce dei rilievi della Corte dei conti», ha invitato il governatore Crocetta «a lavorare in sinergia con tutta l’Assemblea». E Crocetta, da parte sua, per la prima volta dopo tanti anni d’inutili reazioni dei governanti di turno, ha espresso apprezzamento per il lavoro severo e puntuale della Corte». La quale si rende disponibile per tornare a lavorare in sinergia con governo e Ars. Già, perché secondo i magistrati contabili occorrono riforme profonde e di struttura. I pannicelli caldi non bastano più. Pertanto la Corte accoglie «favorevolmente il pronto avvio in Ars della discussione in merito alle modifiche del proprio regolamento interno in punto di disciplina della gestione finanziaria dei gruppi parlamentari». Con il contributo della stessa Corte.
A quanto ammonta e perché il debito della Regione?
Nel 2012 si è attestato su 5.385 milioni che, «pur contenuto nei limiti della vigente normativa contabile, desta preoccupazione sia in relazione al continuo aumento degli oneri per il servizio del debito, pari a 490 milioni, destinati a lievitare per i finanziamenti attivati nel 2012, sia per i risultati dell’indicatore del debito regionale pro capite che ha raggiunto i 1.077 euro». Cioè, su ogni siciliano grava un debito di 1.077 euro a causa dell’allegra amministrazione. Né si va lontano quando la spesa corrente raggiunge il 62,4% con un aumento del 10% rispetto agli esercizi precedenti. Del resto, al di là delle parole, parlano chiari i numeri del 2012. La sanità ha assorbito il 52,27% dell’intera spesa della Regione: 9.938 milioni sebbene sia diminuita di 403 milioni. La quota di compartecipazione ha raggiunto il 49,11% (un regalo dello Stato!).
I dipendenti regionali sono oltre ventimila, circa un terzo delle altre regioni messe insieme. Il Costano 322 milioni gli stagionali avviati al lavoro dall’Azienda forestale, mentre i dipendenti delle partecipate gravano sul bilancio per 250 milioni. Inoltre, la Regione trasferisce agli enti locali un contributo di 229 milioni per il personale precario stabilizzato. Secondo la Corte, il settore pubblico è stato utilizzato per «arginare, attraverso politiche assunzionali di portata superiore alle effettive esigenze», le pressioni sociali.
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