L’ideatore della contestata campagna, un olandese che vive in Puglia. «Non volevo offendere. All’estero c’è un’immagine distorta del Paese, solo mafia e pizza»
Si chiama Marco, preferisce non rendere noto il cognome, è olandese ma nelle sue vene scorre sangue italiano. È sposato con Julia che gestisce un centro per la cura e l’addestramento dei cani. Entrambi vivono a San Donaci (Brindisi) dove Marco ha un piccolo ufficio in centro, una scrivania e un pc portatile: è da lì che mette a punto i suoi progetti, si occupa di marketing e pubblicità ed è sua l’idea di “Don Panino”, il brand che ha scatenato le polemiche, perché tratta di sandwich con nomi ispirati a Cosa nostra. Due dei panini che potrebbero essere commercializzati a Vienna, entro fine anno, avrebbero portato – prima che scoppiassero le polemiche – i nomi di Falcone e di Impastato.
Dopo la reazione della Farnesina e della sorella del giudice Giovanni Falcone, molto probabilmente non andrà così, non ci sarà il “Don Falcone”, nè il “Don Peppino”: «Ho già contattato i committenti – racconta Marco -; per consigliare loro di eliminare dall’elenco quei nomi».
Il caos che si è generato, proprio non se lo aspettava. Parla a stento l’italiano, ma si lascia comprendere. Marco va orgoglioso delle sue origini e spiega che vivere in Puglia è stata una scelta: «Mi occupo anche di importazione di olio, di prodotti locali».
L’idea della mafia come declinazione di sapori, in particolare di panini fatti con prodotti italiani, non è tutta sua: «Faccio il pubblicitario e ho avuto incarico dai clienti di realizzare un prodotto di questo tipo», spiega Marco. «Mia moglie non c’entra nulla» prosegue, facendo intendere che anche il cognome è stata una trovata commerciale. «Il cliente mi ha chiesto di creare un prodotto che funzionasse sulla base delle indicazioni ricevute». Poi è partita la campagna su Facebook, per promuovere il prodotto. Con tanto di fotografia con un fotomodello bulgaro, e garanzia che in vendita presso le paninoteche austriache ci sia una specialità tutta italiana.
«Non sono proprietario di nessuna paninoteca, ho solo elaborato un progetto, non è certo il primo prodotto che usa l’immagine della mafia italiana all’estero. A Vienna c’è anche una catena di parrucchieri che si chiama Hair Mafia», dice.
Quanto alle descrizioni dei panini, il “Don Falcone” e il “Don Peppino”, il giovane spiega che vi sono stati «errori nella traduzione».
«Siamo gente onesta – prosegue – tutto ciò che offende l’Italia non ci è gradito, purtroppo non è colpa nostra se all’estero pensano che sia solo mafia, pasta, pizza e Berlusconi». «A noi tutto ciò che è illegale non piace, ci fa male quando sfruttano l’immagine dell’Italia. In Austria fanno il pane pugliese con la farina austriaca. Noi – aggiunge – amiamo questo Paese, lo abbiamo scelto per viverci». Il business plan di “Don Panino” è stato completato a fine gennaio. Ora Marco si sta occupando di altro, ma continua a seguire i committenti che hanno investito nell’affare: «Ora mi sto occupando di altri progetti, di tutt’altro tipo. È questo il mio lavoro».
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