Il concetto è chiaro. Nel contesto di recessione, debito, vincoli, al vertice nella graduatoria delle emergenze del governo di Roma ci stanno l’impresa e il lavoro. Alla prima è intanto destinato il pagamento dei debiti arretrati da parte della Pubblica amministrazione, al secondo il finanziamento della Cassa integrazione guadagni.
Il dibattito sull’Imu, come ha denunciato Mario Monti, ha connotati di “morbosità” che sono evidenti, senza nulla togliere all’odiosità della tassa sulla prima casa, per chi non può pagarla. E per il quale va rimodulata. Intanto però l’Italia deve uscire dalla procedura di deficit eccessivo e non può aggravare i suoi conti.
La proposta di togliere quell’imposta a tutti, ricchi e poveri, ha palesi tratti demagogici e cifra elettoralistica; nella migliore ipotesi, indica il target degli interessi di riferimento, che sono pur legittimi ma in regime di vacche grasse. Adesso la priorità è l’alleggerimento del carico fiscale su imprese e lavoro. Nella logica politica, quella proposta sull’Imu è una polizza d’assicurazione a futura elezione: se va bene, consentirà di riscuotere la rendita. Se va male, vale come denuncia, sempre a futura elezione. Come scrive The Economist, il nuovo governo di sinistra-destra di Enrico Letta ha di fronte “la minaccia letale”: “Abolizione Imu o non ci stiamo”. Altra cosa è l’allentamento dei vincoli di austerità. La convergenza francese sugli obiettivi perseguiti dal premier italiano in visita a Parigi crea, sì, un’alleanza per il confronto con la Germania, ma non manca di proiettare sulla comune strategia anti-austerity l’incertezza sul governo italiano di Grande Coalizione, minato da quella “minaccia letale”.
“Governi di unità nazionale – dichiara Hollande – non sono mai una scelta ma una necessità in determinate condizioni”.
Inoltre, se il premier italiano, in linea di continuità con Monti, si accredita presso Berlino – “Letta cerca il sostegno di Merkel”, titola Zeit online – da parte sua la Francia non nasconde il malessere antitedesco che cresce e che si è di recente manifestato nella prima bozza del testo licenziato dal Partito socialista in vista delle elezioni europee del 2014. Molto duro contro la Cancelliera, quel testo è stato ritirato, ammorbidito nelle parti di maggiore ostilità. Ma il segno è evidente, l’asse franco-tedesco è sfilacciato. Se Die Welt accusa – “il governo Hollande ha fatto troppo poco per raggiungere l’obiettivo promesso” – Hollande rilancia scommettendo sulla sconfitta della Cancelliera alle elezioni di settembre.
Diversa è la posizione di Letta. Al di là del bon ton diplomatico, il premier italiano si reca a Berlino, come scrive ancora Zeit, per un motivo semplice: “Letta ha bisogno di una forte legittimazione bipartisan in Europa. Senza questo egli è in balia dei suoi partner di governo. La Grande coalizione è un’impresa rischiosa”. In Italia ancor più che altrove. In Germania nel 2005 – è il caso che viene più spesso ricordato – la Grosse Koalition fu dotata d’un preciso accordo su obiettivi e strumenti, che in Italia è mancato.
In fondo, la battaglia sull’Imu è solo l’iceberg dell’incertezza che, per quanto ovattata, emerge con chiarezza. Se la Commissione europea è perplessa e i tedeschi si interrogano se Saccomanni sarà in grado di tener testa alla demagogia romana, il New York Times descrive “l’improbabile coalizione di governo (dove) stanno insieme vecchi nemici, gli ex comunisti, il centrodestra di Berlusconi, i centristi di Monti”.
Dice Carlo Debenedetti: “Il primo obiettivo è cambiare la legge elettorale per non soggiacere a ricatti di chi ha la spina in mano e può staccarla per andare ad elezioni. E’ la prima cosa, prima dell’economia, poiché alle elezioni con questa legge non ci vogliamo andare”.
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