Quel che resta della nostra scienza politica (nell’attuale trionfo della sondaggistica sulla politologia) ha già reso pubblico il verdetto: con la trionfale rielezione di Napolitano, “il presidente degli italiani”, siamo entrati nel tempo storico del passaggio dalla Seconda alla Terza Repubblica, dalla fase dei “responsabili” a quello del “responsabile”.
Proviamo a riflettere: Mani Pulite svuotò le stalle della corruzione politica e cancellò Dc e Psi e con essi la forma partito; con Forza Italia Berlusconi ebbe facile successo su Occhetto e D’Alema, e la “transizione”, il tempo del parto, durerà un’intera stagione, per diventare la Seconda Repubblica del futuro manuale. E se, ora che Napolitano con la geniale invenzione di Monti e del “governo tecnico”, ha segnato la discontinuità, possiamo inaugurare la Terza Repubblica con la liquidazione finale per suo merito dell’ectoplasma del Pd, degli stracci di una veste cui il Porcellum aveva tolto persino l’uffizio inattuale di coprir pudenda.
Il trapasso è stato peraltro costruito con cura, attraverso un processo che ha reso possibile la sublimazione del Cav da imputato a “statista”. Monti, ventriloquo di Napolitano, ha annunciato con supponenza professorale la fine d’ogni storica differenza tra la Destra e la Sinistra; ed il suo Pigmalione è giunto ad evocar gli spiriti di Chiaromonte per la profezia delle “larghe intese”. Diranno le prossime settimane, i prossimi mesi se le ridicole coperture («salviamo l’Europa», «far da padre a Obama», una tomba di damasco per il caro estinto, i saggi che sono tutti scampoli di una stoffa logora e stinta) basteranno a tener l’argine sbrecciato del conflitto sociale, che gonfia ormai dalla disperazione al tumulto. Sono tutte prove di scena per una commedia in allestimento convulso dietro il sipario del deprecato teatrino, dai buchi del quale sbirciano i giornalisti e con migliori occhi i comici.
Peraltro la furbata delle primarie, e gli stenti dell’Antipolitica (interpretata da un comico e da un guru) sono là a confermare gli slogans della cosidetta “governabilità”, affidata ai numeri di una classe politica di mostruosa estensione e costo, di rara incompetenza e improduttività, che si legittima per autoreferenzialità (il voto “popolare” cancella ogni nefandezza, e come nella teologia morale cattolica non v’ha peccato che non possa trovarvi perdono).
A sentir Napolitano il vero coraggio in politica sembra essere l’inciucio, il compromesso dal momento che principî e valori non riguardano la vita pubblica con i suoi miracoli, ora che abbiamo appreso, nuovo gioco di prestigio, a convertire i vizi privati in virtù pubbliche.
Quale miglior prova del successo di Berlusconi?
Non fosse per lo stato in cui Napolitano e i suoi “professori” han ridotto un Paese economicamente e socialmente arretrato, avremmo colto da tempo l’ancor più vistoso ritardo politico, con i cadaveri dei partiti tenuti formalmente in vita per la curée dei rimborsi elettorali, e il soccorso dei “responsabili” alla Scilipoti. Patrioti, eroi che ora – grazie ai “saggi”, e al penoso appello alla responsabilità della Politica (che non c’è) – avranno presto un ordine di cavalleria e di merito, per cui i prefetti sono stati allertati dalla Cancellieri, a quanto pare la gettonata presidente del Consiglio in pectore al centro della bilancia politica Alfano/Letta. Che meraviglia! Dubito che Napolitano vorrà dar la precedenza ai “saggi” della penultima sceneggiata rispetto alle prestigiose figure del governo Monti.
Quagliarello al posto di Profumo? Se questi non aveva idee, quello finora le ha tenute con cura sotto il tappeto. E gli altri?
Sul piano istituzionale, la maggior novità dovrebbe venire peraltro dal presidenzialismo, semi o intero: ma laddove in Europa è presente (e funziona), non opera senza i partiti. E quello italiano sarebbe il solo caso di democrazia diretta, poco importa se di destra o di sinistra, o “alla Grillo“. E non ho trovato la proposta relativa fra quelle geniali e inaspettate dei saggi… Giuseppe Giarrizzo
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