Processo Borsellino quater – L’ufficiale Cc Arcangioli portò via la valigetta del giudice ucciso.
Sono chiare le immagini del colonnello dei Carabinieri Giovanni Arcangioli che prende la borsa di Paolo Borsellino dall’auto devastata dall’esplosione dell’autobomba e la porta via. Quale “tragitto” ha fatto quella borsa? È stata consegnata a qualcuno che ha tolto qualcosa, magari la famosa agenda rossa?
Interrogativi a cui il nuovo processo sull’eccidio del 19 luglio ‘92, a carico di 5 imputati, dovrebbe dare risposta, ma dopo le prime due udienze tutti gli interrogativi più pesanti restano in piedi. Intanto c’è da dire che il col. Arcangioli venne processato a Caltanissetta e assolto (con sentenza confermata dalla Cassazione) per la vicenda della borsa di Borsellino.
Martedì in aula sono appunto state proiettate le immagini dei momenti successivi all’attentato, registrate sia da diverse emittenti televisive che dai Vigili del Fuoco, e che sono state utilizzate dagli investigatori della Polizia Scientifica di Roma per ricostruire lo stato dei luoghi al momento dell’attentato e per verificare se il pezzo di motore della Fiat 126 usata come autobomba, rinvenuto sul punto dell’esplosione, fosse compatibile con quello inquadrato nelle immagini. Gli ispettori della Scientifica Michele Minnini e Stefano Romano, ascoltati come testi, hanno parlato di compatibilità elevata. I due testimoni, rispondendo al pm Stefano Luciani, hanno aggiunto di avere confrontato il blocco motore sequestrato con un pezzo integro proveniente da una normale Fiat 126 ed anche in questo caso hanno riscontrato una certa compatibilità. L’avv. Flavio Sinatra, difensore di Salvatore Madonia e Vittorio Tutino – ovvero i boss che rispondono di strage – ha chiesto ai due investigatori dettagli sul riversaggio delle immagini nei dvd proiettati ieri e sulla qualità delle stesse, facendo rilevare pure che in via D’Amelio era parcheggiata anche un’altra Fiat 126, di colore azzurro.
Madonia, inoltre, in apertura di udienza, ha sollevato una questione di legittimità costituzionale sul carcere duro, perché avrebbe a disposizione pochi colloqui con i suoi difensori, Flavio Sinatra e Piera Farina.
Sul pretorio sono salite anche le nipoti del magistrato assassinato, figlie di Rita Borsellino, Cecilia e Marta Fiore che vivevano in via D’Amelio ed hanno ricordato gli ultimi incontri con lo zio prima dell’attentato. Marta Fiore ha affermato di avere visto in via D’Amelio, nella settimana precedente l’attentato, un’auto con una persona che dormiva a bordo e di avere segnalato la cosa allo zio per far eseguire un controllo. Vincenzo Pane
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