Ci siamo già occupati del diritto/dovere di voto: esercitato, secondo il ministero dell’Interno, nella misura del 75,19 % degli aventi diritto. Percentuale non scarsa, principalmente per merito di Grillo.
E’ quindi il caso di occuparci del diritto/dovere di rispetto del voto. Non prima di un cenno sulla legge 270/05 (battezzata “Legge Porcata” dal suo autore, l’ineffabile ministro per le Riforme Calderoli): la quale assegna per la Camera dei Deputati un premio di maggioranza di 340 seggi alla coalizione che ottiene la maggioranza relativa dei voti.
Onde detti 340 seggi sono stati assegnati alla coalizione di Bersani, che ha ottenuto il 29,54 % dei voti, in totale 10.047.603. Ovvero soli 124.494 in più della coalizione di Berlusconi. Stante che il magic number, ossia la maggioranza assoluta a detta Camera è pari a (630: 2 =) 315, la coalizione del Pd ha quindi comoda maggioranza.
Discorso radicalmente diverso al Senato, ove il premio di maggioranza è garantito su base regionale, di modo da assicurare alla coalizione vincente in una determinata regione il 55% dei seggi alla stessa assegnati. Ad esempio, in Lombardia sono ben 27 su 49, così che essa viene chiamata l’Ohio d’Italia, per segnalarne l’importanza del voto (decisivo come l’Ohio per l’elezione del presidente degli Stati Uniti).
Orbene, la coalizione di Bersani ha avuto il 31,63 % dei voti. Quella di Berlusconi un po’ meno, ovvero il 30,72 %. Ma il Pdl ha avuto voti “più pesanti”, per cui, secondo i dati ora noti, avrebbe conquistato 116 seggi. 113 per la Coalizione di Bersani. 54 per Grillo, e 18 per Monti.
Per completezza, va detto che al “porcellum” (così la legge Porcata è stata ribattezzata dal politologo Sartori, in pendant col sostituito “Mattarellum”) si deve la novità delle circoscrizioni estere, con 12 Deputati e 6 Senatori. Dei detti 6 seggi – grazie al voto di 947.023 elettori, il solo 30 % degli aventi diritto (a dimostrazione del disinteresse degli elettori) – 4 risultano assegnati al Pd; a Monti 1, e l’ultimo al Movimento Associativo Italiani all’Estero.
Pur con la precisazione che detti numeri non sono precisi, dovendosi considerare il numero dei Senatori a vita, e pure eventuali opzioni, incompatibilità e surroghe, è comunque chiaro che, essendo il magic number al Senato (315: 2 =) 158, comunque manca la governabilità. Precisamente nel senso che la forza (Pd) predominante alla Camera “bassa” manca della maggioranza al Senato: ove Bersani, mantenendo ovviamente il suo proposito di un programma alternativo a Berlusconi, anche sommando ai “suoi” 117 senatori i 19 di Monti, totalizzerebbe 136 voti, insufficienti per la maggioranza. Per cui Bersani deve necessariamente richiedere i voti dei 54 “grillini”. Strada, per così dire “siciliana”, che però su scala nazionale appare difficilmente esportabile.
Ad ogni modo, espletate le formalità di rito, spetterà al Presidente della Repubblica, in osservanza all’art. 92/2 della Costituzione, nominare il presidente del Consiglio dei Ministri, e, su proposta di questo, i ministri. Stante che non vi è alla Camera dei Deputati una maggioranza possibile alternativa al Pd, il gioco parte da questo. E però il governo deve avere la fiducia delle due Camere, come prescrive l’art. 94/1 della Costituzione. E qui si parrà la nobilitate di Bersani e di Grillo. Che potrà manifestarsi, a tutto concedere, su un programma minimale fondato sull’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, eliminazione delle Province, riduzione delle spese per armamenti, e poco altro, che comunque potrebbe comprovare capacità governativa dei grillini, e il riavvicinamento del Pd al suo elettorato, in vista della nuova sfida con nuova leadership.
Ineluttabile ci pare quindi, a breve, un nuovo voto, sempre col Porcellum. Improbabile sembrandoci che queste Camere partoriscano una nuova legge elettorale, per tale mutamento necessitando molto tempo e largo consenso. Entrambi mancanti, come l’onestà di molti leader politici, e il sale nella zucca di alcuni elettori.
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