Il 26-27 maggio, come per i Comuni, anche in Sicilia, restano in dubbio le elezioni per il rinnovo delle amministrazioni provinciali. Il problema è alquanto complesso. E non si esclude una proroga con legge dell’Ars del mandato attuale delle amministrazioni in carica fino a ottobre.
Sebbene ciò sembri puzzare d’incostituzionalità. Senza contare che ci sono degli obblighi con risvolti finanziari posti dal governo centrale. Ma non si esclude neppure il ricorso al commissariamento. La Regione in materia ha poteri esclusivi. E il primo punto da chiarire è se sarà recepita in toto, in parte o per nulla la normativa nazionale; ovvero, se la struttura delle Province in Sicilia resterà quella esistente.
Dell’argomento si dovrà occupare l’Ars. Ma quando? Il governo dovrà fare le sue proposte non senza consultarsi con l’Ups.
Intanto, il gruppo che fa capo a Musumeci ha presentato un apposito ddl. Si attende il pronunciamento del governo: atteso in commissione Affari istituzionali, non c’è stato. Il ddl Musumeci prevede il riordino e la razionalizzazione delle Province, lasciando immutato il loro assetto. Si tratta di attribuire alle stesse altre competenze e la riduzione del 30% delle indennità di assessori e consiglieri, nonché il taglio del 20% di assessori e consiglieri.
Musumeci: «Non solo siamo per il mantenimento delle Province, chiedere a me cosa ne penso è come chiedere a un prete cosa pensa di Dio. Le Province hanno una funzione determinante perché hanno un ruolo cerniera tra la Regione e le realtà comunali. Semmai, vanno dotate di ulteriori competenze». Il ddl prevede il decentramento di alcune competenze della Regione alle Province.
«Si favoleggia di un risparmio di undici miliardi di euro – dice Formica – poi sono stati fatti dei conti e si parla di un miliardo. Io vi dico che con l’abolizione delle Province non c’è alcun risparmio perché il personale non lo si può licenziare. Occorre distinguere i costi della democrazia e i costi della politica o della malapolitica. Sono queste le spese che gravano sul cittadino e che vogliamo abolire».
Ioppolo, primo firmatario del ddl, ha spiegato: «La nostra è una proposta di riordino e di razionalizzazione delle Province». E ha precisato che il ddl non comporta spesa, non gravando per maggiori oneri né sulle casse della Regione, né su quelle degli enti locali. «La nostra – ha aggiunto – è una riforma pensata a costo zero, perché personale e risorse possono facilmente essere trasferiti alle Province, per far fronte alle nuove competenze che noi immaginiamo per rilanciare la funzione di questi enti».
Currenti: «Proponiamo il potenziamento delle Province in termini di funzioni e competenze perché siamo certi che attribuirne altre a questi enti possa comportare un miglioramento dei servizi».
E Musumeci: «Il ddl è improntato alla politica del rigore finanziario, perché prevede una sostanziale riduzione dei costi della politica, cioè delle spese per gli organi di rappresentanza e di governo e dei relativi emolumenti. Al tempo stesso la nostra è una proposta volta a salvaguardare l’identità locale ed è per questo che siamo contrari all’accorpamento di Province. Per varare questo ddl, se ci fosse un po’ di buona volontà, basterebbero un paio di mesi».
Da parte sua, a proposito della riduzone dei deputati regionali da 90 a 70, l’ex capogruppo del Pd, Cracolici, propone un correntivo della legge elettorale: il listino del candidato governatore sia ridotto da 9 a 7 nomi e che, anzicchè essere eletti per nomina, siano assegnati alle singole circoscrizioni in modo che entrino i primi dei non eletti delle liste che hanno sostenuto il candidato vincente alla presidenza delle Regione, quindi scelti dagli elettori. Giovanni Ciancimino
Sicilia Notizie Cronaca Attualità News Politica Economia Lavoro Enogastronomia Sport Viaggi