Giuseppe Scrivano, 48 anni, sindaco di Alimena, provincia di Palermo è candidato della Lega Nord in Sicilia alle prossime Elezioni Nazionali del 24 e 25 Febbraio prossimo.
Ex Forza Italia, poi Pdl, Nuova Sicilia, candidato alle Regionali 2012 con Nello Musumeci. Ex vicesindaco di Villbate, ex consigliere Iacp a Enna, ex presidente dell’Acquedotto consortile Biviere di Palermo, ex direttore dell’ente di formazione Cnafp, ex segretario provinciale dell’Associazione italiana riparatori d’auto, ex vicepresidente dell’Associazione nazionale famiglie emigrate. Oggi capolista della Lega Nord alla Camera nella circoscrizione Sicilia Orientale.
Giuseppe Scrivano, ci spiega come ha fatto il sindaco di duemila anime sulle Madonie a diventare il leader della Lega Nord in Sicilia?
«Questa sì che è una bella domanda! Perché i viaggi della speranza, in Padania, li hanno fatti in tanti. Anche deputati e assessori regionali. Ma sono stati tutti rispediti a casa».
Qual è il segreto del suo successo?
«La mia storia: fatti e non fantasia. Tremonti e Maroni li ho incontrati più volte. Sono stati conquistati dal mio curriculum: amministratore sempre in mezzo alla gente, tecnico nello staff degli assessori regionali Pellegrino e Parlavecchio, esperienze nella formazione e nell’associazionismo. E poi il consenso: più di quattromila voti alle Regionali significano che ho fatto bene».
E allora perché candidarsi con la Lega Nord?
«Per tanti motivi, tutti concreti. Per coronare la mia storia politica sicilianista di centrodestra, per la fiducia in Maroni e Tremonti, ma soprattutto per applicare in Sicilia il modello Lega Nord».
Quello della secessione dai terroni siculi?
«No, questo è un luogo comune. La Lega sa fare benissimo una cosa: difendere gli interessi del proprio territorio. E noi dovremmo prendere lezione da loro. La dico tutta: è più scandaloso votare i parlamentari siciliani camerieri degli altri partiti nazionali, piuttosto che un gruppo di siciliani che vuole tutelare l’isola con un autonomismo vero».
Perché lei dovrebbe riuscire dove hanno fallito Lombardo e Micciché?
«Perché i loro sono partiti regionalisti. L’unica svolta era Nuova Sicilia, che è durata cinque anni. Questa è un’altra storia: ci candidiamo con il simbolo della Lega perché non c’erano i tempi tecnici di proporne uno nuovo, ma dopo le elezioni saremo federati con loro per replicare un modello che funziona. La candidatura è secondaria, è la lucidità del progetto che conta».
Eppure il generale Pappalardo ha presentato denuncia su presunte irregolarità nella formazione della sua lista, chiamandola direttamente in causa. Cosa è successo davvero?
«Nulla. Nessun caso, nessuna irregolarità. I fatti sono altri: doveva essere lui il candidato, ma il partito ha deciso in modo diverso. Il generale Pappalardo non si è ritirato, ma è stato cacciato per scelta dei vertici della Lega. Magari era in difficoltà perché non riusciva a trovare candidati».
E invece lei, che è subentrato da capolista, i candidati li ha trovati subito, fra i familiari dei suoi assessori e consiglieri…
«Nessuno scandalo, l’ho già detto: siamo parenti, è vero. Ma almeno in lista non ci sono amanti, come in altri partiti.
Parliamo di cose più serie? ».
Ad esempio?
«Del mandato che mi è stato affidato: oltre a essere il portavoce della Lega, in Sicilia dovrò selezionare una classe dirigente seria, all’altezza del quarto partito dello scacchiere nazionale».
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Il sindaco si candida nelle liste della Lega Nord e uno dei suoi assessori si dimette per protesta. Accade ad Alimena, un piccolo paese delle Madonie nel Palermitano, dove il sindaco Giuseppe Scrivano, ex Pdl, è diventato un militante leghista e si è candidato nelle due circoscrizioni siciliane nelle liste del Carroccio con la moglie e altri familiari. Anche uno dei suoi assessori, Rino D’Amico, si è candidato con la moglie e altri parenti.
Il caso ha avuto ripercussioni in giunta. L’assessore alla cultura e spettacoli Enzo Albanese non ha condiviso la nuova collocazione politica di Scrivano e D’Amico e ha annunciato il suo ritiro. «Tolgo le tende perchè voglio contribuire nel mio piccolo – ha detto Albanese – a difendere l’onorabilità del mio amato e maltrattato paese».