Silvio Berlusconi ha scelto: correrà con la Lega nord. Una soluzione obbligata, naturale, frutto della totale compatibilità non solo di toni, ma anche di contenuti. L’ira contro l’Unione europea, la demagogia anti banche e antisistema in generale, l’avversione verso Mario Monti considerato il colpevole dell’interruzione di una esperienza di governo devastante.
Il Popolo della libertà, dunque, rimette tutto nelle mani del Carroccio, unico modo per far sì che il vecchio centrodestra recuperi cinque punti percentuali, dopo mesi di sondaggi negativi. Il vecchio centrodestra, appunto, quello che aveva deciso di farsi condizionare e di modellare l’azione di governo sulla prepotenza nordista. È curioso che, ciononostante, i dirigenti pidiellini ostentino ancora attenzione e grandi parole per il Mezzogiorno.
Lo schema proposto è già stato sperimentato e, palesemente, non ha funzionato, con le continue prese di posizione della Lega quando si è trattato di fare scelte per recuperare il divario tra le due parti del paese. Tra nord e sud non c’è storia quando a scrivere le politiche di governo è anche la pattuglia indicata da via Bellerio. Del resto, i messaggi di queste ultime settimane non sono rassicuranti e vanno tutti nella direzione spiegata da Roberto Maroni: “Prima il nord”.
Quanto basterebbe per allontanare – per politica, dignità e orgoglio – quelle forze politiche che invocano un futuro diverso per l’Italia meridionale.
Eppure le cose vanno diversamente, i caudillos meridionali scelgono di mettersi tra il martello leghista e l’incudine pidiellino. Ciò che conta, a quanto pare, è esserci.
Vale per quel Grande sud di Gianfranco Miccichè e vale per il Movimento per le autonomie di Raffaele Lombardo, gli stessi che, in precedenza, avevano tentato una via diversa.
Oggi, però, le lusinghe del Cavaliere sembrano valere più dei grandi discorsi che i leader regionali propugnano all’elettorato. A prima vista non può funzionare, vuoi per il più consistente peso elettorale della Lega rispetto alle forze “sudiste”, vuoi per la particolare preferenze che Berlusconi ha tradizionalmente spiegato di avere verso Umberto Bossi e i suoi eredi, soprattutto se in gioco è la prima poltrona della Lombardia.
Un Pirellone vale più di una dozzina di opere infrastrutturali necessarie allo sviluppo del sud. Questo Lombardo e Miccichè lo sanno, ma ci passano sopra. L’illusione dell’ex governatore siciliano è questa: «Con la Lega è suffi ciente avere lealtà e fermezza», mentre Miccichè si culla sulla storica amicizia tra lui e il Cav. I novelli meridionalisti ignorano gli avvertimenti, i paletti programmatici imposti dalla Lega a Berlusconi visto che tra i pensieri fi ssi degli eredi del cerchio magico che la macroregione del nord, il 75 per cento delle imposte che deve fermarsi a nord del Rubicone. Ma, soprattutto, sottovalutano il tradizionale e costretto appiattimento del partito di Berlusconi sulle posizioni di Lega e Giulio Tremonti. C’è, inoltre, un altro aspetto, meno programmatico e più “di facciata”.
Può, ancora, il sud essere rappresentato da nomi che non fanno onore allo stesso Mezzogiorno? L’idea di un’Italia meridionale tutta mafia e lassismo non rischia di rafforzarsi con candidature impresentabili di cui il Pdl è pieno?
Il nome di Nicola Cosentino sembra essere tollerato dai leghisti. Strategicamente, forse, per avere domani, come oggi, la possibilità di sottolineare che «il sud è questo, è così che vuole farsi rappresentare». Una guerra persa in partenza nonostante Lombardo dica che «ci piacerebbe essere decisivi al Senato, per far valere le ragioni delle autonomie e del Mezzogiorno». Un fi lm già visto, con mancette elargite nei titoli di coda mentre suona un motivo fi nale in bresciano stretto. Manfredi Molfetta.
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Attenzione credo sia un importante banco di prova x far scomparire definitivamente alcuni partiti, può essere tutto più chiaro per far comprendere ai più che finalmente bisognerà mettere sopra una pietra tombale, magari presa dalle rovine del nostro amato e bistrattato belice
Certi “politici” provano davvero gusto ad offendere la propria intelligenza.
Alla faccia del Rinnovamento!
In matematica c’è la regola commutativa, che recita: “cambiando l’ordine degli addendi, il risultato non cambia”.
Siamo messi proprio bene!