Grande questo Sud? Il ritorno dell’ex forzista palermitano nel grembo di Silvio Berlusconi pone interrogativi che lasciano delle perplessità. Che hanno poco di politica e molto di accordi utili alla sopravvivenza.
In questo ha ragione Nello Musumeci, il candidato governatore del Pdl, quando dice: ma perché Miccichè fa solo adesso l’accordo col Pdl e non alle regionali quando assieme si poteva vincere?
Si potrebbe rispondere che sono i misteri della politica. Ma non è vero. La verità è che faide interne in Sicilia, ma non solo, hanno consumato il partito del Cavaliere. Che ci ha messo anche del suo con i suoi eccessi, i suoi interessi, i suoi processi, le sue goliardate.
Ciò che sta accadendo in Sicilia è frutto della paura che ha invaso gli uomini dell’ex centrodestra. Sono in molti a rischiare il posto in Parlamento. Per i rissosi pdiellini c’è ormai poco margine.
La vittoria di Crocetta, e, quindi, l’affermazione, pur parziale, del Pd; la «salita» in campo di Mario Monti, cui con tempestivo opportunismo si stanno legando il sempre presente Casini e il fallito Fini; l’exploit del popolo dei grillini; l’incognita del savonarola Ingroia, sono gli elementi condizionanti delle prossime elezioni.
Anche la scelta di Raffaele Lombardo su con chi stare, aggiungerà, nonostante divisioni e fughe importanti, qualcosa all’uno o all’altro schieramento.
E’ una corsa alla sopravvivenza, dopo il terremoto che ha cambiato lo scenario politico. L’avvento di Mario Monti non è stato indolore per i partiti. Il fatto che poi il «tecnico» si sia riciclato in «politico», sta ancora di più contribuendo a rimescolare le carte, creando nuovi soggetti, resuscitandone altri, facendo ricomparire un Berlusconi che sembrava già archiviato. Il tranquillo Bersani si è visto così circondato da una folla di piccoli e grandi avversari che stanno mettendo a dura prova quella vittoria già pronosticata dopo il successo delle primarie.
Anche perché la madre di tutte le battaglie si giocherà al Senato. I verdetti che usciranno dalla Sicilia, dalla Lombardia, dal Veneto, dalla Campania, diranno se il centrodestra e il gruppo Monti potranno condizionare la governabilità del Paese. La Sicilia, così, sarà uno snodo importante per la futura maggioranza al Senato.
Un Cavaliere in parte disarcionato e un Professore in grande spolvero, sperano proprio in questo. Se lo augura soprattutto il cinico Casini: «Se il segretario del Pd non dovesse avere la maggioranza a Palazzo Madama, dovrà far i conti con noi». Casini è uno che davanti al potere non molla. Quando era con Berlusconi mandava avanti il fido Buttiglione a ripetere che era giunto il momento della discontinuità. In parole povere, «togliti tu che mi metto io». E l’Udc, pensate, aveva appena il 5% dei voti, Berlusconi oltre il 30%.
Ma al di fuori di questi giochi di alleanze, ci chiediamo: cosa la Sicilia potrebbe guadagnare, dato che alla fine di ogni gioco a perdere siamo stati sempre noi?
Un Grande Sud, per riferirci all’ultimo progetto politico in pentola, è stimolante se è una cosa seria. Se invece, come sembra, sarà una associazione di mutuo soccorso, di sopravvivenza di politici dalla garanzia scaduta, allora sarà meglio voltare pagina. Perché questi nostri dubbi? Perché sino adesso non abbiamo visto l’ombra di una proposta. Se la Lega tiene duro sul fatto che il 75% delle imposte debba andare al Nord, noi, di concreto, cosa chiediamo? Non lo scibile umano di difficile attuazione, ma almeno due o tre cose che possano far ripartire subito la nostra terra. domenico tempio lasicilia
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