Siamo così presi dalla nostra cultura superficiale che difficilmente ci fermiamo a riflettere su cose che diamo fin troppo scontate. Quando trattiamo di denaro o di economia siamo abituati a considerarli come grandezze astratte. Si, sottoposte alle leggi della finanza, ma fin troppo astratte.
Vi siete mai chiesti che cosa è veramente il denaro?
So che subito andreste a cercare su un buon dizionario per darmi possibilmente la seguente definizione.
Il denaro è uno strumento economico, che può assumere le funzioni di: mezzo di scambio, unità di conto, riferimento per pagamenti dilazionati e riserva di valore.
Stiamo ancora pensando superficialmente.
Tenterò di darvi una definizione diversa, ma prima dobbiamo fare delle considerazioni.
Quando l’albero delle mele produce un frutto ed io lo vendo al mercato ne ricavo una somma in denaro. Se ci riflettiamo un po’ quella somma di denaro è l’equivalente energetico della somma dei lavori fatti (dal sole, dall’albero, dal terreno, dall’agricoltore, ecc.) per produrre la mia mela. Tale valore poi viene moltiplicato per un fattore, che potremmo definire “di frequenza di processo”, nel senso che se quel tipo di processo è molto diffuso (la produzione della mela) il coefficiente sarà molto basso (vedi legge della domanda e dell’offerta), se è poco diffuso viceversa.
Comunque sia il denaro rappresenta l’equivalente energetico di quel processo per il coefficiente di frequenza (o di diversità).
Evidentemente l’equivalente energetico di un prodotto si complica quando il bene è la sommatoria di più fattori (vedi per es. un servizio) ma in linea di massima semplificazione possiamo definirlo comunque e sempre un “equivalente energetico” anche quando dovesse trattarsi di un bene intellettuale.
Ora in una economia mondiale costantemente in crisi, potremmo pensare, in linea teorica, che se voglio aumentare la quantità di capitale basta produrre più beni per risolvere il problema, ma qui interviene la termodinamica.
Vi chiederete che c’entra la termodinamica con l’economia?
Procediamo per gradi.
Se il denaro è l’equivalente energetico di un bene o processo è evidente che la sommatoria delle fonti energetiche è limitata, fosse anche quella dell’intero universo.
Devo subito dedurre, e a maggior ragione trovandomi in un ambiente limitato e chiuso come la Terra, che non posso spingere dove voglio la quantità ed i flussi di capitale; avrò un ben determinato limite.
Da questa prima considerazione ne deriva che la ricchezza mondiale è legata alla sommatoria degli equivalenti energetici disponibili.
Qualcuno potrebbe obbiettare che basta produrre di più, o più velocemente, per aumentare il flusso di denaro.
Qui la cosa si complica ulteriormente perché entra in gioco il secondo principio della termodinamica.
Sappiamo che un rendimento energetico è legato al processo di trasformazione dell’energia in lavoro e per ottenere un maggiore rendimento devo creare una macchina termodinamica più efficiente.
Ora la macchina termodinamica più efficiente che esiste è l’ecosistema stesso. Più è biodiverso un ecosistema più è efficiente e quanto più mi allontano dall’ecosostenibilità (anche nei processi industriali e nei servizi) tanto più i miei processi produttivi (di qualunque specie e natura) sono energicamente a minore rendimento.
In definitiva il secondo principio della termodinamica mi dice che non solo non posso incrementare i flussi di denaro ma se lo faccio in maniera insostenibile addirittura interagisco con la macchina che lo produce (perdita di biodiversità).
Per comprendere questo concetto basti pensare ad una equivalente ma più semplice macchina termodinamica, un’automobile.
Sappiamo che, per effetto delle leggi della termodinamica, possiamo aumentare la potenza di una macchina aumentando la trasformazione di carburante (energia).
Se però superato un certo limite di efficienza (che nei motori a combustione interna è la coppia) voglio aumentare la potenza questo è possibile ma a scapito del rendimento energetico. Il mio motore renderà di meno, inquinerà di più e logorerà più presto le parti meccaniche; in definitiva perderà efficienza.
Identica cosa succede per il sistema economico: più vogliamo velocizzare le trasformazioni energetiche (produzioni) più diminuiamo i rendimenti e questo, così come succede in termodinamica va a decremento del rendimento.
Il parallelismo è tale che questa aliquota di intrasformabilità (legata al rendimento) prende il nome di Entropia in termodinamica e di Inflazione in Economia.
Possiamo quindi dire che:
Entropia = Inflazione
Ora gran parte delle teorie economiche basate sul capitalismo si sono rivelate un fallimento proprio perché non si valutavano gli aspetti di rendimento e patrimoniali.
Il patrimonio altro non è che una riserva energetica accumulata utile a trasformazioni o utilizzi energetici.
Quando parliamo di una società economicamente sana diciamo che ha una situazione patrimoniale solida, proprio perché il patrimonio, qualunque sia la sua natura, è una accumulazione energetica in grado, a sua volta, di produrre energia.
L’ambiente è un patrimonio energetico e all’interno di questo l’ecosistema, attraverso la sua biodiversità, è un patrimonio nel patrimonio.
L’apparente aumento della ricchezza dell’era industriale si è basata sull’utilizzo dei carburanti terrestri (petrolio, carbon fossile, suolo, ecc.) con un modello energetico in notevole conflitto con il Sistema Ambiente. La macchina termodinamica dell’ecosistema è stata spinta oltre il suo limite possibile logorando molti dei suoi pezzi. Diversi studiosi si sono interessati a questi aspetti, e l’economia, sfuggita nell’accezione moderna alla sua matrice etimologica è entrata in un paradosso proprio perché non considera le origini della sua nascita e natura.
Da Platone e Aristotele le scienze economiche hanno subito una tale evoluzione da sfuggire nei secoli alla originaria matrice.
“I rapporti tra economia ed ecologia si configurano sotto il segno del paradosso. Già, a livello etimologico, queste due parole sono quasi sinonimi. Ambedue si collocano sotto l’ala rassicurante dell’Oikos (la casa, il patrimonio, la nicchia) eppure è noto che gli ecologisti più coerenti sono diventati critici acerrimi dell’economia intesa come teoria (lo stesso Marx, non viene da loro assolto) e avversari decisi dell’economia come pratica. Il fatto è che, assegnando nel 1615 il titolo di “Traitè d ‘Economie politique” a quel che Aristotele avrebbe definito con orrore “Scienza dell’accumulazione nazionale”, o Crematistica, Antoine de Montchrétien, l’economista mercantilista francese, ha finito per creare una confusione destinata a durare nel tempo.”*
Non ci potrà essere nessuno sviluppo economico senza riequilibrare questi concetti.
Chi vuole dimostrare il contrario o non è in buona fede o disconosce alcuni meccanismi e legami tra l’ambiente, inteso proprio come patrimonio energetico, e l’economia. Chi vuole dimostrare il contrario, che sia uno scienziato, un filosofo o un politico va guardato con sospetto.
Ora la visione energetica correlata all’equivalente economico della stessa è una buona strada per riequilibrare i concetti di una economia mondiale che sia sostenibile all’ecologia del Pianeta.
Guido Bissanti
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