Solo quando l’ultimo fiume sarà prosciugato
Solo quando l’ultimo albero sarà tagliato
Solo quando l’ultimo animale sarà ucciso….
“Solo allora capiranno(l’uomo bianco) che il denaro non si mangia!”
(Capo Toro Seduto dei Sioux)
La scomparsa dei contadini, del suo modello agricolo, dei suoi saperi, delle sue tradizioni culinarie, è stato un vero e proprio genocidio culturale.
Abbiamo demolito e seppellito i frutti di esperienze maturati e accumulati da generazioni, in un lento processo evolutivo profondamente radicato nel territorio la cui crescita culturale è sempre andata sviluppandosi nel rispetto dell’agroecosistema, nella difesa della biodiversità , nella cura delle sue produzioni, attraverso la sua operosità tipicamente artigianale.
Ma cosa vuol dire proporre oggi una nuova ruralità? Quali tratti “distintivi” debbono avere i nuovi contadini? Hanno un futuro in questo mondo globalizzato?
Si tratta di una scelta politica e culturale alternativa ,centrata sulle “rigenerazione” delle campagne attraverso alcuni percorsi essenziali e strategici. Proviamo a descriverli.
– La nuova ruralità non può prescindere dalla scelta di “autosufficienza” ovvero le unità aziendali debbono garantirsi una produzione e una riproduzione autonoma, in particolare una “sovranità” alimentare che consenta di disporre in ogni stagione di produzioni orticole e frutticole o zootecniche sufficienti al sostentamento della famiglia contadina, eventuale surplus verrà destinato al “mercato del contadino”. La stretta correlazione tra cibo e salute e universalmente riconosciuta perciò si impone un “recupero” dell’orto o del frutteto familiare come garanzia di sicurezza, tracciabilità ed economicità. Proprio queste due categorie di alimenti (frutta fresca e secca, verdure e ortaggi) stanno assumendo un valore strategico nella difesa e mantenimento della salute umana. Nei prossimi anni assisteremo ad una esplosione dei consumi di prodotti vegetali freschi che per ragioni “energetiche” saranno a km “O”.
“Chi ha un minimo di senno dovrebbe comprarsi un pezzo di terreno coltivabile, dal quale cavare sostentamento per se e i propri cari e due kalashnikov. Si, avete capito bene, due kalashnikov, per difendesi dagli assalitori, da chi batterà le campagne in cerca di cibo.”
( Massimo Fini)
Assisteremo alla rinascita dell’economia locale e in particolare dell’economia residuale o delle “briciole” ovvero il “mercato del contadino sarà” alimentato delle produzioni che costituiscono surplus per il contadino . Questi “mercati” fanno giustizia definitivamente della macchinosa e farraginosa certificazione messa in moto dall’”impero alimentare” globalizzato : la garanzia del prodotto e qui data dalla faccia onesta e pulita del contadino produttore che vende le stesse medesime produzione che ha destinato per alimentare la sua famiglia
– La nuova ruralità esprime contadini intraprendenti, creativi, perspicaci e avveduti che gestiscono l’azienda con passione, impegno e professionalità.
Sono portatori di saperi endogeni maturati con scrupolose osservazioni dei fenomeni naturali , sedimentati negli anni come esperienze di quella data coltura, in quel preciso luogo. L’agronomia la patologia, la genetica, l’alimentazione degli animali non sono segmenti di saperi scissi e compartimentali, ma tratti di un unico modello gestionale.
– I nuovi contadini debbono rendersi autosufficiente ad iniziare dalla fertilizzazione dei suoli, la difesa, il mantenimento ed eventuale incremento delle micorrize, perciò deve gestire con ‘oculatezza il processo di maturazione del letame dei processi “fermentativi” e ossidativi. Ma non può trascurare la possibilità di recupero dei residui vegetali che saranno destinati al compostaggio
Lo stesso vale per le sementi dove è necessario recuperare una spiccata professionalità nel miglioramento genetico delle sue produzioni attraverso tecniche di selezioni massale ,autofecondazioni , incroci semplici ecc. Non deve dipendere dal mercato solo per ragioni economiche ,ma principalmente per imporre una nuova visione culturale-
– I nuovi contadini esplorano moderni modelli culturali di gestione e difesa delle colture attingendo dall’agricoltura biologica, alla permacoltura, all’agricoltura sinergica, all’agricoltura naturale ecc
Sono approcci non invasivi che testimoniano la possibilità di sfruttare “sinergie” all’interno del processo produttivo
– I nuovi contadini debbono sbarazzarsi di false e ingannevoli conoscenze sui funghi, batteri e virus, che un sapere prezzolato li ha demonizzati ed innescato una lucrosa macchina speculativa.
– La nuova ruralità non prende in alcuna considerazione i tradizionali parametri economicistici quali l’ economia di scala, reddito, p.i.l. ecc., bensi la “qualità “ della vita o del grado di “felicità “ che può essere raggiunto vivendo all’aria aperta ,respirando salubrità ,ma in particolare vivendo in armonia con l’agroecosistema in cui è inserito il modello aziendale di produzione. Si tratta di ripensare e rivalutare nuovi valori, espressione endogena di una rinnovata cultura contadina.
La sobrietà per esempio, ma anche il riciclo, il riparare, il riuso, la dimensione naturale del tempo, l’osservare anziché guardare.
E’ una scelta politica e culturale alternativa che ha l’ambizioso obbiettivo di “rigenerare” le campagne. Appare una scelta tanto necessaria quanto difficile. Necessaria perché questa crisi ecologica globale è il frutto di una scelta culturale materialista della modernità ,governata dal profitto e dal potere che sfocia inesorabilmente verso il disastro
Necessari altresì, perché l’impazzimento della società in ragione dello sconvolgimento accelerato del rapporto uomo–natura è più rapido del deteriorarsi del contesto ambientale.
Una scelta difficile, perché siamo culturalmente e antropologicamente impreparati ad affrontarla dato che la nostra mente è colonizzata dall’economia e dalle sue leggi insensate e disumane.
Giuseppe Bivona