Last updated on Dicembre 15th, 2013 at 12:04 pm
Gela, città in festa. Una folla di gente ha raggiunto stamane a Palermo il loro concittadino più illustre, Rosario Crocetta. Ole, applausi e complimenti per il neopresidente ex sindacoantimafia gelese e bandiera della legalità.
Presidente Crocetta, lei ha vinto, ma lo sa che con questi numeri la Sicilia è ingovernabile?
«Nulla è ingovernabile, basta volerlo fare. E se nel parlamento regionale non troveremo la maggioranza per governare, il che mi sento di escluderlo perché i partiti non avranno il coraggio di scoraggiare i cittadini, nessun dramma, si riandrà a votare e prenderò il 60 per cento».
Le toccherà chiedere l’aiuto del primo partito, cioè dei grillini?
«La nostra è una vittoria storica non soltanto perché è la prima volta che una persona di sinistra in Sicilia diventa governatore eletto dal popolo e perché non s’è mai visto un candidato che diventa governatore avendo alle spalle una storia antimafia così riconoscibile come la mia. La grande svolta sta anche nel fatto che sono riuscito a coniugare partiti e società civile. I grillini possono negare tutte queste evidenze? Sono pulito, sono omosessuale, sono antimafia, sono anticasta: sfido Grillo a dire che io sono il vecchio e lui è il nuovo».
Ma non lo sa che Cancelleri, lo stravotato grillino, ha detto che non vuole prendere con lei neppure un caffè?
«Lo so. E mi dispiace per loro. Sono delle zitelle acide, che se continuano così non troveranno mai marito».
Il marito è lei?
«Non hanno capito che stavolta il popolo siciliano è pronto a fare la rivoluzione. Se Grillo la vuole impedire, se ne assuma la responsabilità. Io non sono uno che sta chiuso nel mondo autoreferenziale dei partiti. A me, come a Pier Paolo Pasolini, che sto citando, piace gettare il corpo nella mischia».
Ma Grillo se ne infischia.
«Deve cambiare. Ha visto come sono finite l’Italia dei valori e Sel? La chiusura e la contrapposizione sterile portano, prima o poi, in un vicolo cieco».
Lei pensava di vincere?
«C’erano tanti che dubitavano e ora ci sono tanti che dubitano che io possa governare in maniera nuova e inedita. E invece lo farò. Governerò con le imprese, con i sindacati, con le associazioni, con i comitati, con i giovani, con le donne, con i movimenti».
Ma mica stanno in assemblea regionale?
«Mi mancano pochi voti per avere la maggioranza. Voglio vedere chi, di fronte a proposte importanti e a leggi serie e necessarie, negherà il suo appoggio».
I lombardiani la sosterranno?
«Quelli, e non saranno pochi, che si riconosceranno nella forza delle nostre proposte. Io a Lombardo i voti non glieli ho chiesti. Se sono arrivati, mi sembra normale. I candidati più forti attraggono naturalmente i consensi degli elettori degli altri partiti. Le dico una cosa».
Prego.
«Io stravinco a Bronte, la città del pistacchio».
Embè?
«E’ il luogo del senatore Firrarello, uno dei padroni dei voti del Pdl in Siclia».
Che cosa significa?
«Che per me hanno votato un po’ tutti».
Anche l’Udc che secondo i berluscones sotto sotto l’avrebbe tradita?
«Si è confermato come partito pulito ed aperto. In passato avrebbe avuto difficoltà a sostenere, e prima ancora a candidare, un personaggio come me: profondamente di sinistra e sostenitore libertario dei diritti civili. I cuffariani sono andati nel Pid dell’ex ministro Saverio Romano e ringrazio l’Udc ma anche tutti gli altri per il grande contributo che hanno dato alla vittoria».
Quale sarà il suo primo impegno?
«Ridurre i costi della politica, senza licenziare nessuno. Anche il numero dei parlamentari va abbassato, ma servono delle procedure lunghe e io non voglio fare annunci a vanvera. La demagogia ha già fatto troppo danno a questo Paese».
Ce l’ha con Berlusconi?
«Il tiranno ha preso la botta finale. Ma tanto Berlusconi è finito, rappresenta un passato che mai tornerà».
Qual è il significato nazionale del voto siciliano?
«Sono due quelli che più mi interessano. Il Pd e l’Udc possono vincere le elezioni politiche e governare l’Italia. E tutto il resto della sinistra, insieme a Di Pietro, deve aver capito che senza il Pd non va da nessuna parte».
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