Indagine dei pm di Caltanissetta. Si temono messaggi in codice per organizzare nuove stragi.
Una semplice discussione in vista del match di domenica scorsa tra Juventus e Milan (squadra quest’ultima di cui pare Riina sia tifoso) l’ipotesi più ottimistica; o peggio un messaggio in codice, un riferimento, o proprio un incarico vero e proprio assegnato grazie ad un linguaggio criptico che solo un boss mafioso ed i suoi sodali sono in grado di decifrare?
«La Juve è una bomba. Bisogna difendersi».
Una frase che se la pronunciano due amici per strada non succede nulla, ma se, come sembra, queste parole, arrivano dalla bocca del padrino corleonese Totò Riina, suscitano quanto meno attenzione, se non allarme.
E’ su questo episodio che stanno lavorando i magistrati della Procura di Caltanissetta, che hanno aperto un’indagine a carico dello stesso Riina e di alcuni familiari del numero uno di Cosa Nostra, sui cui nomi resta il massimo riserbo.
Quello che la Procura nissena sta cercando di appurare è se effettivamente Totò Riina continui a reggere le fila dell’organizzazione mafiosa pur essendo detenuto dal gennaio ‘93 con la formula del carcere duro, quella prevista dall’art. 41 bis del regolamento penitenziario. Attualmente il capo dei capi è detenuto nel carcere milanese di Opera.
Soprattutto gli inquirenti stanno cercando di capire se Riina ed i suoi sodali abbiano spostato i loro interessi in altre zone d’Italia quali il Salento – dove vivono alcuni suoi parenti – e fino in Svizzera, dove recentemente è stata trasmessa un’ampia intervista di una delle figlie del capomafia nato a Corleone 83 anni fa. Proprio in Salento, un anno fa, sono stati rinvenuti 47 chili di tritolo, sulla spiaggia di Torre Rinalda, vicino a Lecce.
Gli inquirenti non scartano nemmeno l’ipotesi che attraverso questa intervista siano stati veicolati messaggi ai componenti di Cosa Nostra ancora liberi e che lo stesso Riina avrebbe comunicato alla figlia.
Quello che fa o dice Riina è sempre oggetto di attenzione da parte degli inquirenti, i detenuti al 41 bis sono monitorati continuamente ed in questo momento la situazione non è certo facile. Da poco sono emersi nuovi sviluppi sulle stragi mafiose del’92 di cui Riina, per gli inquirenti, è il principale ideatore.
Ma oltre agli attentati di Capaci e via D’Amelio in cui persero la vita Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Paolo Borsellino e gli agenti delle scorte, ci sono i misteri legati agli attentati a Roma e Firenze, la trattativa Stato-mafia.
Vicende per le quali sono in corso nuove indagini e nuovi processi. Proprio di questi giorni è l’ultimo sviluppo sulla sospetta presenza di un uomo dei servizi segreti a Capaci subito dopo l’esplosione della bomba che uccise Falcone. Un uomo dai capelli biondi, taciturno e con la faccia butterata tanto da essere stato definito da alcuni pentiti “Faccia da mostro” e che potrebbe rispondere al nome di Giovanni Aiello, il cui fascicolo a suo carico era stato archiviato in passato ed adesso sembra essere stato riaperto. Di una persona dai capelli biondi parlò anche Gaspare Spatuzza, quando descrisse ai magistrati nisseni coloro che erano presenti nel garage di via Villasevaglios a Palermo, dove fu approntata l’autobomba che scoppiò il 19 luglio del ‘92 in via D’Amelio.
Negli ultimi anni, inoltre, sono emerse voci di progetti di attentati mafiosi a danno dei magistrati che indagano sulle stragi e sulla trattativa Stato-mafia a Caltanissetta ed a Palermo. Ultime in ordine di tempo le voci di un attentato – rafforzate dall’invio di una lettera anonima alla Procura di Palermo che metteva sull’avviso i magistrati – a danno del sostituto procuratore Nino Di Matteo, impegnato nelle indagini e nel processo sulla presunta trattativa. C’era addirittura un riferimento a quindici chili di tritolo.
Prima ancora si era parlato di un altro attentato dinamitardo, che stavolta doveva essere commesso in autostrada a danno di un magistrato che fa la spola da Palermo a Caltanissetta. E non sono pochi i magistrati palermitani che lavorano a Caltanissetta, non solo in Procura, ma anche in altri uffici del Palazzo di Giustizia di via Libertà.
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