Settecento milioni di euro. A tanto ammonta il valore del patrimonio confiscato a Giuseppe Grigoli, il «re dei supermercati» della Sicilia occidentale, indicato come uomo di fiducia e “longa manus” di Matteo Messina Denaro, il superboss latitante di Cosa nostra.
Una batosta che, di fatto, colpisce nel cuore economico l’organizzazione mafiosa e mina l’egemonia di Messina Denaro all’interno della stessa mafia. Con la conseguenza che sarà sempre più difficile proseguire la latitanza mentre le forze dell’ordine continuano a fargli terra bruciata tra i suoi complici e favoreggiatori.
Dodici società, 220 fabbricati tra palazzine e ville, 133 appezzamenti di terreno per complessivi 60 ettari, 7 automobili tra cui ben tre “Porsche”, 7 polizze assicurative sulla vita e 9 conti correnti bancari e depositi a risparmio. Questi i beni del patrimonio mobiliare e immobiliare finiti nell’elenco del decreto di confisca emesso dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Trapani ed eseguito dagli investigatori del Centro operativo di Palermo della Dia, che hanno proceduto anche al sequestro del compendio aziendale di due società a responsabilità limitata, sempre riferibili a Grigoli, per un valore di un milione di euro.
Il provvedimento di confisca riguarda il compendio aziendale e l’intero capitale della “Grigoli distribuzione srl” che è anche intestataria di 353 unità immobiliari tra fabbricati, magazzini, depositi e terreni; quote di partecipazione nella “Società di gestione centro commerciale Belicittà”, nella “Olio & Oliva srl”, nella “Special Fruit srl”, nella “Grp srl”, nella “Trilogi srl”, nella “Gri. Va. srl”, nella “Ciuri di grano srl”, nella “Cantieri navali Enea Yacht srl”, nella “Ste. Gi. Com. srl”, nella “Logicom srl”, nella “Grimar srl”, nonché nella “Ga. gi. vi, srl” di Canicattì (Ag), nella “Alimentari Provenzano srl” di Giardinello (Pa). Confiscati anche il compendio aziendale e l’intero capitale della “Gruppo 6 GDO srl” srl che detiene quote di partecipazione di altre società e che gestisce direttamente 43 punti di vendita con marchio “Despar”, “Eurospar”, “Superstore” e “Interspar” nelle province di Trapani e di Agrigento, gestisce 40 punti di vendita in regime di affiliazione al marchio “Despar” ed è proprietaria di 50 tra autocarri e automezzi.
La maggior parte delle società ha la sede a Castelvetrano, città natale sia di Grigoli che di Messina Denaro. Tra i due i rapporti sono stati rinforzati con il battesimo di Federica Grigoli, una delle figlie del “re dei supermercati”, madrina Rosalia Messina Denaro, sorella di Matteo, e padrino il marito, Filippo Guttadauro, fratello di Giuseppe, il medico-boss del quartiere palermitano di “Brancaccio”.
Giuseppe Grigoli attualmente è detenuto perché sta scontando una condanna a 12 anni di reclusione per associazione mafiosa inflittagli, nel 2012, dalla Corte di Appello di Palermo, Nello stesso processo, Matteo Messina Denaro è stato condannato a 20 anni.
Del “re dei supermercati” si parla in uno dei «pizzini» sequestrati a Bernardo Provenzano, il giorno della sua cattura, nel covo corleonese di “Montagna dei cavalli”. Matteo Messina Denaro scrive all’anziano padrino per dirimere una questione sorta con il boss agrigentino Giuseppe Falsone e il mafioso riberese Giuseppe Capizzi a proposito del pizzo da pagare per l’apertura di supermercati “Despar” a Ribera nonché il mancato pagamento delle forniture di merce di Capizzi a Grigoli.
«Solo grazie al sequestro di tali pizzini – scrivono i giudici nel decreto di confisca – è stato possibile ricostruire la vera identità del Grigoli, in particolare il ruolo da lui assunto in Cosa nostra e i suoi rapporti con i massimi vertici dell’organizzazione mafiosa. Il Messina Denaro si è talmente esposto nella difesa e nella cura degli interessi del Grigoli nella vicenda che lo vedeva contrapposto al Capizzi, tanto che, dichiara il collaboratore Calogero Rizzuto, veniva deliberato dal boss castelvetranese l’eliminazione di Giuseppe Capizzi, per tutelare il suo concittadino Grigoli in una controversia relativa alla gestione del supermercato ubicato nel territorio di Ribera.
Il tono accorato usato nei “pizzini” dal Messina Denaro per perorare gli interessi del proposto, e quindi anche i suoi, rendono evidente il diretto coinvolgimento del boss castelvetranese negli affari del Grigoli, dove il capo mafia si spende per accreditare, agli occhi del Provenzano, la versione dei fatti favorevole a Grigoli.
Grigoli, dopo un’intensa ed estenuante trattativa epistolare, in cui Messina Denaro e Falsone espongono a Provenzano le rispettive ragioni, si determina a pagare a Capizzi, a titolo di pizzo, per i punti vendita aperti a Ribera, 75.000 euro. Significativo è un passaggio di un pizzino in cui il Messina Denaro, dopo aver illuminato l’anziano padrino conclude chiedendo “La prego di cuore di fare in modo che il Capizzi ci restituisca questi soldi. Ah, i 75 mila euro di liquido il mio paesano li ha consegnati al Capizzi per AG ecco perché li metto pure nel suo conto”».
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