Primo giro di tavolo tra Letta e Saccomanni sulla legge di stabilità
Primo giro di tavolo fra il premier, Enrico Letta, e il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, sulla Legge di stabilità. L’incontro di ieri a Palazzo Chigi è servito a preparare l’impostazione dei lavori del G20, in particolare la governance della finanza globale e la lotta ai paradisi fiscali, ma nell’occasione il presidente del Consiglio e il titolare di Via XX Settembre hanno fatto il punto sui contenuti della Legge di stabilità.
Non si è entrati nel dettaglio delle singole norme, ma sicuramente il tema del lavoro è stato in primo piano. Si attende con la Legge di stabilità, tra le altre cose, anche un taglio del cuneo fiscale. In questi giorni, si sta affrontando anche il tema della spending review, con cifre che arrivano fino ai 5 miliardi nel 2014. La ricognizione sui fabbisogni standard è a buon punto, mentre il prossimo passo potrebbe essere la nomina del supercommissario sulla spending, che spetta proprio a Saccomanni.
Nel frattempo, monta il pressing delle parti sociali nei confronti del governo. Dopo il «Patto di Genova», infatti, per imprese e sindacati il prossimo passo potrebbe essere una convocazione da parte di Letta per definire, come richiesto, l’impegno del governo sulle priorità dalle stesse parti indicate – fisco, industria e spesa pubblica efficiente – fin dalla programmazione della Legge di stabilità. «Abbiamo voluto dare una sveglia» al governo, afferma il segretario Cisl, Raffaele Bonanni, all’indomani del documento unitario sottoscritto con i leader di Confindustria, Cgil e Uil: «Ora Letta deve convocarci e fare un patto» con le parti sociali.
A chiedere che ci sia un incontro «al più presto» è anche Confindustria, con il vicepresidente Aurelio Regina: «Serve una politica di choc» e la Legge di stabilità è la prima occasione in cui dimostrare «una visione complessiva» che permetta «di uscire da una crescita da prefisso, da zero virgola».
Intanto il documento divide già la maggioranza. E incontra le perplessità di chi, come il capogruppo del Pdl alla Camera, Renato Brunetta, appunta la mancanza dei costi e delle coperture dei vari interventi: «Ebbene – dice – lo facciamo noi. Per avere davvero effetto sull’economia, tutte le misure elencate nel “Patto” richiedono dai 40 ai 50 miliardi». Risorse, ribattono gli industriali e anche i sindacati, che si possono trovare facilmente a partire da una nuova dose di spending review (per Bonanni obbligando la P. a. a fare acquisti solo tramite la Consip si potrebbero risparmiare fino a «10 miliardi»).
Il primo punto su cui il pressing di Confindustria e sindacati è forte è il taglio delle tasse per i lavoratori e i pensionati e per le imprese. «Spero che l’impulso dato dalle parti sociali consenta di rimettere in ordine le priorità, che stanno tutte dalla parte dei fattori produttivi e non da quella delle rendite», commenta invece il viceministro dell’Economia, Stefano Fassina, secondo cui occorre iniziare «dalla revisione delle politiche fiscali, per ridurre il carico sul lavoro e sulle imprese».
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