Il grande giorno è arrivato. E, come era stato ampiamente annunciato, dalla capitale cambogiana, Phonm Penh, è giunto il “sì” definitivo.
L’Etna è patrimonio mondiale dell’Unesco. Ma, più che altro, è patrimonio dell’umanità intera.
Si chiama – tecnicamente – “World heritage list” ma non è solo un elenco di bei posti sparsi su questo scassatissimo pianeta sperduto nell’universo. E’ qualcosa di ben altro. Sono quei luoghi che, per l’Unesco, meritano più attenzione e, soprattutto, maggiore tutela. Perché – fermo restando che il pianeta intero appartiene alla razza umana – sono luoghi il cui valore va ben al di là della percezione che le stesse popolazioni locali ne hanno.
Quello scienziato tedesco con il viso simpatico alla “Harry Potter”, Bastian Bertzky, che guidò a ottobre la delegazione dell’Unesco che doveva dare una valutazione di massima su un lungo percorso che è stato cominciato e incanalato anni fa (quando al Parco era ancora commissario straordinario Ettore Foti, a cui va dato il merito di averci creduto, assieme a tutti gli uffici, senza remore), ripartì lasciandoci una promessa elargita più sugli sguardi che sulle parole. Così, ci siamo detti tutti «Sì, l’Etna ce la farà». Ma soprattutto una raccomandazione, questa sì, forte, chiarissima, inequivocabile: «Amate l’Etna, custoditelo, trattatelo come qualcosa di prezioso».
Venerdì scorso, dall’altra parte del mondo, è rimbalzato questo stesso messaggio scritto su una “cartolina” che ha un timbro chiaro e autorevolissimo: Unesco, giugno 2013. Il messaggio è questo: «Da sabato, ufficialmente, l’Etna non è più soltanto vostro. Ma di tutta l’umanità».
Ed è qualcosa con cui i siciliani dovranno confrontarsi e di cui ancora oggi è difficile percepire la grandissima valenza. Di certo c’è che da oggi non potremo più guardare all’Etna con lo stesso occhio sbadato, distratto, ironico, con cui l’abbiamo guardato sinora. L’inserimento nell’elenco dei siti Unesco non cambia proprio niente, infatti, da un punto di vista meramente burocratico. Non ci saranno maggiori o minori vincoli sul territorio preso in considerazione dall’Unesco (che non corrisponde, va detto, pedissequamente, con quello del parco). Ci sarà, questo sì, ed è l’unico valore aggiunto che si potrà quantificare, un enorme interesse per l’Etna, un interesse globale, che farà ricadere sul nostro vulcano tanta attenzione e, sicuramente, nuovi e cospicui flussi turistici e commerciali in genere. L’Etna sarà da oggi un marchio, un brand, molto più forte e conosciuto in tutto il mondo e tutto ciò che verrà dall’Etna avrà come un autorevolissimo marchio di garanzia.
«Ce l’abbiamo fatta. La nostra gioia è enorme. È un risultato storico non solo per la Sicilia, ma per tutta l’Italia – ha commentato la presidente del Parco dell’Etna, Marisa Mazzaglia -. L’iscrizione dell’Etna nel Patrimonio Unesco è un marchio di valore planetario per il nostro territorio e una fantastica opportunità per le comunità locali. Una volta tanto un successo ottenuto nella periferia può fare gioire l’intero Paese. È un premio al grandissimo, serio e silenzioso lavoro svolto dallo staff del Parco e dai preziosi collaboratori esterni, che non mi stancherò mai di ringraziare per quello che hanno fatto».
Venerdì, a Phnom Penh, c’era una giovane ricercatrice dell’università di Stanford (California): non è nata oltreoceano ma nella sicilianissima Agrigento. Era in Cambogia in missione studio. Al momento della consacrazione dell’Etna si è precipitata dal rappresentante del ministero dell’Ambiente per dire che era orgogliosa di essere siciliana. Adesso, consapevoli di ciò che comporterà, dobbiamo esserlo tutti.
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